martedì 7 aprile 2015

Un vino atletico



In questi primi tempi di vita del mio blog neonato, per incrementare rapidamente la cantina a vantaggio degli amici del prezioso nettare che rallegra tutti i nostri piatti,  sono costretta a recensire in successione un po’ troppo serrata alcune bottiglie sulle quali avevo messo da parte un giudizio. Non me ne vogliano gli astemi che d’altronde godono di tutta la compassione del vero buongustaio. Venendo a noi, un paio di settimane fa, di sabato sera, la solita buona bevuta del fine settimana mi ha riservato una gradita sorpresa. Quel giorno, per consolarci di una giornata un po’ fiacchetta sul fronte delle soddisfazioni economico-lavorative, avevamo deciso di dedicarci una bottiglia un po’ più costosetta del solito, 16€ in enoteca.  Come lascia intendere il buon Savarin nell’intestazione del mio blog, non c’è nulla di meglio della soddisfazione del gusto per consolarsi del resto. Provare per credere. La promessa del nostro spacciatore di fiducia, mentre ci allungava un Carema D.O.C. del 2012 della Cantina dei Produttori di Nebbiolo di Carema,  era quella di un piccolo barolo, visto che il Carema in questione è un nebbiolo in purezza di buona struttura. Era una bottiglia che non conoscevo, mai bevuta prima, e la curiosità mi ha fatto accettare l’incontro. La promessa è stata mantenuta piuttosto bene su una bella tagliata di manzo, una portata sicuramente un po’ troppo semplice per un vino del genere, ma che ce ne ha fatto apprezzare comunque il carattere. Ha un bel colore tipico, rubino ma con riflessi aranciati, non troppo carico. Profuma di rosa e frutta con una leggera nota tostata e l’invecchiamento in botte grande ne fa un vino tutto sommato piuttosto austero, adatto a esaltare il gusto delle carni rosse.   Potrebbe migliorare aspettando qualche anno di più per berlo e meriterebbe qualche ora di apertura in anticipo: il poco rimasto per il giorno seguente non si era affatto sciupato, forse era addirittura migliore. 
Non è molto potente e la persistenza è lunga ma non lunghissima, ma al primo assaggio ricorda sicuramente vini più grandi dallo stesso vitigno e ha un carattere scattante, atletico, degno di viti cresciute sul terrazzamento dei monti. Quindi, che dire, proprio un bel prodotto per la sua fascia di prezzo.  Forse non lo inserirei nella mia lista personale degli imperdibili, dove metto le bottiglie che mi hanno stupito, ma di certo lo consiglio agli amanti dei nebbiolo minori. Se ve lo propongono, preparatevi a una degna esperienza.
Per chi fosse curioso, aggiungo qualche notizia dal disciplinare di questa D.O.C., limitata ad una zona molto ridotta di territorio e caratterizzata da una viticultura “atletica” su terrazze a sbalzo sulle vallate sottostanti.

Il Carema D.O.C.

Il Carema deve essere ottenuto da uve nebbiolo per almeno l’85%, coltivate esclusivamente nel comune di Carema. Possono concorrere alla realizzazione del vino uve a bacca rossa, non aromatiche, tra quelle autorizzate dalla regione Piemonte, ovviamente per non più del 15%. Anche la vinificazione e l’invecchiamento devono avvenire all’interno del territorio del comune, mentre l’imbottigliamento è consentito nelle intere regioni del Piemonte e della Valle d’Aosta. I terreni di coltivazione sono considerati conformi al disciplinare solo se ubicati nelle coste rocciose di origine morenica che caratterizzano le zone a quota più elevata del comune di Carema, mentre sono esclusi quelli disposti nei fondovalle. La resa massima non può superare gli 8.000kg/ettaro.

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