venerdì 27 novembre 2015

Folletto del Sud: Salento I.G.P. Elfo Susumaniello 2013 Apollonio



Dai discendenti di Noè ci si aspetta che il vino lo sappiano fare. L’azienda Apollonio viene da una lunga tradizione di famiglia - dai tempi di Noè, appunto - e oggi è una cantina di belle dimensioni del Salento che distribuisce in tutta Italia e all'estero. La produzione di vini, che è ampia e diversificata, è basata sia su vitigni autoctoni e varietà a diffusione locale, sia su uve nazionali e internazionali. Oggi ci occupiamo del minore tra questi vitigni, il susumaniello, autoctono o di provenienza dalmata, utilizzato in passato come vino da taglio per le sue grandi rese che permettevano di caricare le bestie da soma con il frutto delle sue vendemmie e che gli hanno guadagnato l'appellativo di somarello. Finita l'epoca della quantità e delle uve da taglio, è stato riscoperto per vinificazioni di maggior pregio in tempi abbastanza recenti e lo troviamo in bottiglie di buona qualità che riscuotono un certo successo. Come, per citare un concorrente più noto del vino di oggi, il Serre di Cantine due Palme che ha larga diffusione e in genere piace un po' a tutti per il buon carattere morbido e facile.

L'Elfo Susumaniello è un prodotto della linea più economica dell'azienda che mi era già capitato di assaggiare e gradire. Me lo ero segnato come uno di quei vini con un sorprendente rapporto tra gusto e prezzo che fanno la gioia degli appassionati di pochi mezzi. L'aspetto non ha nulla di speciale, rubino cupo nel colore, né leggero né denso nella consistenza. Ma il profumo è piuttosto presente e evidente, di frutti rossi, ciliegia,  ma soprattutto trasporta belle note floreali e erbacee che sono il pregio più evidente di questo vino che vira nel finale anche su leggeri toni animali, di cuoio. Ha un gusto fresco e piacevole dove le componenti aromatiche avvertite al naso si fondono in una nota di tenue dolcezza e chiude con tannini decisi e puliti che accompagnano un finale di discreta durata. Un vino del Sud tutto sommato fresco nonostante l'alcol, la cui caratteristica più piacevole sono quei toni vegetali d'erbe e fiori che mancano in altri vini dello stesso vitigno. Come nell'ottimo Serre, ad esempio, che ne condivide la convenientissima fascia di prezzo. In breve, un vino non troppo complesso ma particolare, che a me è piaciuto senza riserve per un prezzo quasi ridicolo: 7€ e 85/100, da provare senz'altro. Un elfo dotato di una qualche leggera magia.

mercoledì 25 novembre 2015

Orecchiette broccoli e pancetta.



Questo è un piatto della tradizione, niente di particolarmente nuovo. E allora perché proporlo? Due sono le ragioni:

1. Volevo mettere alla prova le orecchiette senza glutine Farabella. Non amo particolarmente questa marca di pasta, ma le orecchiette le producono in pochissimi e non ho avuto altra scelta. Il test comunque è andato benissimo: la pasta tiene egregiamente la cottura - anche oltrepassando i tempi indicati sulla confezione - e non si rompe nel ripassarla in padella. Il sapore è ottimo e lega bene con il condimento.

2. Mi sono anche resa conto che raramente, quando si cerca questa ricetta, c'è una descrizione dettagliata di come "capare" il broccolo. Io, che sono un'assidua frequentatrice di mercati, ricorro sempre al prodotto fresco e invito tutti a utilizzare solo quello, sentirete che differenza!

 
 Ingredienti per 4 persone
350g di orecchiette
500g di broccolo siciliano
150g di pancetta affumicata
olio evo q.b.
ricotta salata al pepe
peperoncino se piace




Diamo il via alle danze. Per prima cosa occupiamoci del broccolo.
Le foglie non si buttano! Si staccano e si sfilano: chiudete la mano attorno all'estremità inferiore e tirate. Separerete così molto facilmente la foglia dalla costa. La costa va buttata, la foglia messa da parte.
Staccate dal torsolo centrale, uno ad uno, i fiori, incidete la parte esterna con un coltellino e tirate come in foto. Ripetete l'operazione fino a pulire tutto il gambo, dopodiché tagliate a metà i più grandi, si lesseranno prima.




Quando avrete staccato tutti i fiori vi resterà il torsolo centrale. Tagliate la corteccia esterna e fatelo a cubetti, eliminando la parte finale del gambo, che riconoscerete perché oppone più resistenza del resto al coltello.
A questo punto lessatelo in acqua bollente salata per non più di 5 minuti assieme alle foglie. Toglietelo dalla pentola con una "schiumarola", senza buttare l'acqua di cottura che utilizzerete per cucinare la pasta secondo i tempi indicati sulla confezione.
In una padella soffriggete uno spicchio di aglio e, se non ci sono bambini a tavola, un pezzetto di peperoncino. Aggiungete la pancetta affumicata a cubetti e fate rosolare per un paio di minuti.
Aggiungete i broccoli, ripassateli per 5 minuti e, quando saranno al dente, aggiungete le orecchiette.
Saltate bene per insaporire la pasta e servite.
Spolverate con un po' di ricotta salata o pecorino.
Buon appetito!









lunedì 23 novembre 2015

Un classico per tutte le occasioni: Chianti Classico Riserva D.O.C.G. 2009 Rocca delle Macìe




Il Chianti è il Chianti, un classico per eccellenza, vino di portata storica come pochi altri, notissimo a tutti, proveniente da una delle zone vinicole più famose al mondo. Come per ogni classico, ne esistono edizioni tascabili, in brossura e di poco pregio, che perdono facilmente le pagine, e edizioni da collezione per bibliofili appassionati e dal prezzo proibitivo. Tra i due estremi, un po' di tutto. Quella di oggi, secondo me, è una delle migliori proposte sul mercato, e di facile reperibilità per giunta, che un vero appassionato dal portafoglio normodotato può cogliere per gustarsi un Chianti Classico Riserva con tutte le carte in regola. Il Chianti Classico Riserva di Rocca delle Macìe è il prodotto di una grande azienda, grande per dimensioni e, in alcuni casi, per risultati. Parliamo di una famiglia che ha a disposizione 600 ettari di vigneti in Toscana, roba non da poco, e che ha un ruolo di rilievo nell'offerta di bottiglie a livello nazionale e internazionale. I loro vini si trovano facilmente ovunque, e non solo in Italia. Io, che dei grandi numeri ho sempre sospetto, un pregiudizio sulla difficoltà di coniugare quantità e qualità di cui non riesco a liberarmi, avevo qualche perplessità quando ho avvicinato per la prima volta questo vino qualche anno fa. Ma sono stata costretta a ricredermi. Vale quello che costa e anche di più. Con una piccola aggiunta di altri vitigni, cabernet sauvignon e merlot, il sangiovese di questa bottiglia, con i suoi sei anni sulle spalle, presenta un color granato dall'unghia arancio e si muove su archi ampi e lenti mentre lo ossigeno nel bicchiere. Ha un profumo pieno e articolato che invita subito a avvicinare le labbra. Si sente l'influenza del legno grande che conferisce ai toni di spezie e pepe - sopra alla ciliegia, alla rosa e alla decisa nota alcolica - quel carattere austero e elegante dei vini classici. Bevendolo si avverte la calda e asciutta potenza del vino, il gusto è meno complesso degli aromi colti dal naso, ma si sviluppa nelle note fondamentali già colte con una pulizia esemplare e termina abbastanza lungo con tannini affilati e fini. Un vero classico, da non mancare se vi si presenta l'occasione e se il gallo nero rientra nei vostri piani per la serata. Il prezzo di 15€ è ampiamente giustificato per un vino che vale i suoi buoni 88/100.

domenica 22 novembre 2015

La vera cioccolata in tazza in soli tre ingredienti


La vera cioccolata in tazza si prepara... senza preparati! Non è difficile, non è lungo, non sporca di più. E allora, perché no? Più gusto e meno ingredienti, sapore e genuinità assicurati. Su, rimboccatevi le maniche e fate felici i vostri bambini. Quelli piccoli e quelli già cresciuti.
Gli ingredienti sono tre: cacao  amaro in polvere della migliore qualità, latte intero e fecola di patate (in alternativa amido di mais). Se volete esagerare, panna montata in casa e lingue di gatto... nel mio caso, quelle bicolori senza glutine di Laboratorio Mediterranea.


 
Ingredienti per 1 tazza

150ml di latte
1 cucchiaio  di cacao in polvere puro
1 cucchiaio di fecola di patate
(in alternativa amido di mais)
zucchero a piacere
panna da montare a volontà
biscotti a volontà



Versate 120ml di latte freddo in un pentolino e aggiungete il cacao setacciato, poco alla volta, mescolando con una frusta. È importante che il cacao venga aggiunto al latte freddo, altrimenti farà grumi.
Accendete la fiamma e scaldate bene. A parte, sciogliete nel latte rimasto la fecola di patate, poi aggiungetela al composto latte/cacao sulla fiamma. Anche qui è importante che la fecola di patate (o la maizena) venga sciolta prima in un liquido freddo, solo dopo è possibile aggiungerla al latte bollente.
Continuate a mescolare fino a raggiungere la consistenza desiderata, senza dimenticare che raffreddandosi la vostra cioccolata si addenserà ancora un pochino.
Le dosi sono indicative per una cioccolata di media densità. È possibile aumentare la quantità di fecola per una cioccolata più densa, anche a preparazione inoltrata.
Se amate la cioccolata amara non vi resta che montare la panna e guarnire con un bel biscotto, altrimenti aggiungete uno o due cucchiaini di zucchero di canna.
La semplicità della preparazione esalta il sapore e la qualità degli ingredienti, quindi tanto più sceglierete delle buone materie prime, tanto più gustosa sarà la vostra merenda. Io ho utilizzato  cacao  in polvere Venchi e panna fresca Berchtesgadener (disponibile nei negozi Bio anche senza lattosio).






















venerdì 20 novembre 2015

Zuppetta di funghi e fagioli


I cibi semplici sono sempre i più graditi, sono quelli che ti fanno sentire a casa e che riscaldano "il focolare domestico". Le zuppe le adoro tutte, ricreano le atmosfere di una volta, tempi in cui il cibo era genuino e la famiglia si riuniva tutta assieme attorno al tavolo della cena.
Per questa ricetta ho usato dei semplici funghi coltivati, più economici e di più facile reperibilità rispetto ai porcini. Ho scelto degli champignon grandi e di colore marrone scuro, perché più saporiti di quelli bianchi. Ovviamente gli amanti dei funghi porcini possono usate i loro preferiti, magari con una grattugiata di tartufo alla fine.

Ingredienti per 4/5 persone
300g di fagioli secchi misti 
300g di funghi coltivati scuri
1 l di brodo vegetale
uno spicchio d'aglio
un rametto di rosmarino
una foglia di alloro
olio, sale, pepe
4 fette di pane tostato
1 costa di sedano

Lasciate i fagioli in ammollo come indicato sulla confezione, generalmente 8 ore o tutta una notte.
Scolateli, lavateli e cuoceteli in una pentola, partendo da acqua fredda e fino a 40 minuti dopo l'ebollizione, insieme a una foglia di alloro e un pezzetto di cotenna.
Dosate l'acqua in modo che quando i fagioli saranno cotti, questa sia stata completamente assorbita. All'inizio non superate il livello dei fagioli con più di un centimetro di acqua, poi aggiungetene in cottura a mano a mano che si assorbe. Mi raccomando, non aggiungete acqua fredda! scaldatela a parte in un piccolo pentolino e,  quando bolle, aggiungetela alla pentola dei legumi.
In un tegame scaldate qualche cucchiaio di olio evo e soffriggete uno spicchio d'aglio. Unite i funghi puliti e tagliati a fettine e fate andare a fuoco vivace per qualche minuto, dopodiché aggiungeteli ai fagioli assieme al brodo bollente, includendo bene l'olio con cui sono stati spadellati. Lasciate bollire per una ventina di minuti.
Con un frullatore ad immersione frullate circa metà della zuppa. Aggiungete la costa di sedano lavata e sminuzzata grossolanamente, pepate e servite con un filo di olio evo a crudo e una buona fetta di pane tostato.


 

Veneto Rosso I.G.T. Carménère Più 2012 Inama



Il carménère è un migrante ante litteram, vitigno proveniente dall'antico territorio albanese in epoca romana e che da allora ha raggiunto perfino le pendici delle Ande, in Cile, dove ha le sue più estese coltivazioni. In Italia ha trovato la sua massima espressione sui terreni del settentrione, soprattutto in Veneto. Qui, nelle terre dei colli Berici, sembra esprimere il meglio delle sue capacità enologiche. L'azienda che produce il vino di oggi, Inama, è una solida realtà dell'area, nota soprattutto per il Soave, ma che offre anche una serie di memorabili rossi. Bevo spesso i loro vini, che trovo di gran qualità e di giusto prezzo. Il Carménère Più è la versione in blend con uve merlot e dal sorso più facile della D.O.C. Riserva Oratorio San Lorenzo, che è invece in purezza. Vi consiglio anche un loro altro grande vino, il Binomio, esperimento di collaborazione con una validissima cantina abruzzese, La Valentina, e che ritengo, nell'annata 2009, una delle più emozionanti vinificazioni del montepulciano che ho mai assaggiato, roba da 93/100 o giù di lì. Tutto ciò per dire che il nome Inama lo ritengo una certezza nella scelta di una buona bottiglia. 
Ma è ora di stappare il mio gioiellino che si versa con un colore rubino, profondo e scuro di toni violacei. Il profumo è ampio e elegante, speziato e complesso, la frutta è accompagnata da pepe, cacao, con note finali che ricordano la riduzione di un sugo di carne con erbe da cucina. Lo assaggio e lo apprezzo subito per la morbida acidità, ossimoro che ne attesta l'estremo equilibrio. Anche al palato è piacevolmente complesso, i tannini sono elegantemente accennati anche se il finale non è lunghissimo. È vino elegante, lo vedo più adatto a carni al sugo e maiale che a arrosti e formaggi stagionati dove preferisco un corpo maggiore. Una bottiglia che vale sicuramente la pena provare per i suoi 11€. 87/100.

giovedì 19 novembre 2015

Piccolo mattatore: Lazio I.G.T. Tellus Syrah 2013 Falesco



Questa è una bottiglia che incontrerete di sicuro. È un vino che vende e che si sa vendere. Si vede già dalla sua inconsueta veste di vetro che è pensato per piacere a un pubblico numeroso. L'etichetta ha la stessa impronta, studiata per essere gradevole e visibile, moderna e stilizzata per non intimidire il consumatore non abituale di vini di qualità. Il prezzo, poco più di 8€, è adeguato per accompagnarsi al packaging e mirare al target, come direbbe il marketing manager di turno. Insomma, nel complesso, un vino progettato per essere un successo di vendita, come ci si aspetta per un figlio dell'azienda di uno dei più famosi enologi d'Italia. Ma dentro alla bottiglia, che cuore pulsa? Addomesticato per addomesticare palati poco inclini alle aristocratiche scontrosità di alcuni vini di valore o di vera generosità enologica a portata di tutte le tasche? Andiamo a assaggiarlo.

Il Tellus 2013 è un syrah in purezza che svolge solo un discreto affinamento in legno di secondo passaggio, non invadente. È di color rubino, con leggeri riflessi porpora, abbastanza denso ma sempre agile al ruotare del calice. Il profumo è ampio e di una certa complessità, bello per un vino in questa fascia di prezzo. Ha note di ciliegia, ma anche ricordi floreali, di rose sbocciate, e ancora spezie e toni appena accennati di oleandro. Il gusto è pieno, di frutta rossa, con un leggerissimo tono fumé, quasi di incenso, nel buon finale. Ricapitolando le sensazioni di degustazione, lo considero un prodotto di buon livello offerto a un prezzo interessantissimo, un buon modo per avvicinarsi all'enologia vera senza preoccuparsi troppo dell'acquisto. Se davvero dovreste incontrarlo, potete stapparlo senza esitazioni. In rete i punteggi per questa bottiglia sono alle stelle, anche sopra i 90/100. Io ritengo che un vino dalle indiscusse qualità non vada sopravvalutato, perché non deluda e ottenga tutto il successo che merita senza che le aspettative indotte finiscano per sminuirlo. Ma il marketing e il nome di famiglia chiedono molto. Per me i centesimi sono 86.


mercoledì 18 novembre 2015

Biologico laziale: Capolemole Rosso I.g.t. 2013 Marco Carpineti

 
A dire il vero non sono il tipo che si fa impressionare dalle dichiarazioni di intenti dell'agricoltura biologica. La provenienza e la cura del prodotto mi interessano molto, ma preferisco conoscerle di persona, quando posso, e attestarle con il gusto, sempre e comunque, piuttosto che affidarmi al potente marketing dei prodotti bio. 
Tuttavia ci sono aziende e produttori che dell'eliminazione degli artifici chimici hanno fatto una vera e propria filosofia, che va al di là delle certificazioni, già da tempi non sospetti e a questi va reso merito. Se, in più, come nel caso dell'azienda di Marco Carpineti si dichiara una attenzione speciale alla riscoperta e alla promozione di vitigni autoctoni e poco diffusi, l'interesse per la bottiglia che si sta per bere cresce. Il Capolemole Rosso, da uve montepulciano, nero buono e cesanese, è un vino dal prezzo contenuto che sta avendo un certo successo nella distribuzione e nella ristorazione laziale. Qui a Roma è facile trovarlo nelle carte dei vini e è altrettanto facile che vi venga consigliato. Avevo già avuto modo di gustarlo in altre occasioni e mi era piaciuto senza però entusiasmarmi, un buon vino al giusto prezzo. In questa occasione l'ho preso per accompagnare una semplice cena composta da una zuppa di prosciutto, funghi e fagioli seguita da taglieri di formaggi. Versato nel bicchiere ha un colore rubino ma tendente decisamente al porpora, un bel colore vivo per un liquido non troppo denso e di media trasparenza. Aspetto da vino schietto e abbastanza giovane. Anche i profumi hanno qualcosa di giovane, ciliegia ben marcata ma con una leggera nota vinosa. Poi si apre su sfumature di legno e pepe, presenti ma non troppo complesse. Sorseggiandolo, si ritrovano i sapori della frutta rossa in un gusto generale asciutto e di gradevole acidità, ma anche caldo e pulito. Il legno, che pure è utilizzato in cantina, non eccede affatto nel mostrarsi e lascia solo eleganti sfumature in un quadro generale di buona qualità anche se dai toni non troppo profondi. È sicuramente un vino ben fatto, che non delude, per un prezzo giustificato anche dalle attenzioni "biologiche" in vigna, garanzia di un prodotto di salutare fattura. A mio giudizio, 84/100. Potete trovarlo in enoteca intorno agli 11€.

lunedì 16 novembre 2015

Degustare gli arrosticini - Il Signore delle Pecore



E sì. Perché mangiarne può capitare a tutti, purché si giri in Abruzzo o si trovi qualche localino che ne prepari in altre regioni. Ma di quelli seri, che meritano attenzione da parte di un buongustaio, non è che se ne trovino poi molti. Il piatto, se è consentito chiamarlo così date la materia prima poco lavorata e la presentazione da fast food, è di una primitiva semplicità: piccoli pezzi di carne di pecora, alternati a pezzetti di grasso, infilzati su uno spiedino di legno e cotti alla brace. Ma, come in tutti i casi in cui la semplicità della pietanza è un pregio, sono i dettagli che fanno la felicità dell'intenditore. 
La carne, per cominciare, non è tutta uguale. Solo quella di qualità migliore e meglio lavorata darà un degno risultato alla prova del fuoco, che, tanto per mettere le cose subito in chiaro, va rigorosamente ottenuto dal carbone di legna. I migliori fornitori di arrosticini scelgono le loro carni a partire dal pascolo. Poi, il taglio e l'infilatura sugli stecchi fanno la differenza tra il prodotto di massa, da sagra di paese, e quello gourmet. Il vero arrosticino è solo quello preparato a mano, tagliato al coltello e non a macchina e infilato da mani esperte con la giusta alternanza di parti magre e grasse. Degli altri non vale la pena parlare. È chiaro che il prodotto autentico è più pesante, ogni pezzo pesa circa 30g contro i 20g scarsi degli arrosticini fatti a macchina, e più grosso. Questa caratteristica, insieme alla sapiente alternanza del grasso, consente una cottura uniforme, senza parti così piccole da finire carbonizzate, poco salutari e dal sapore spiacevole e forte. I bocconcini saranno invece morbidi e gustosi e manterranno il calore di cottura più a lungo una volta serviti a mazzi avvolti nella stagnola o nei tradizionali bricchetti di coccio.

Tra  produttori di arrosticini crudi, per la cottura fai-da-te, e  locali che li propongono già cotti ho maturato una vastissima competenza in anni e anni - troppi anni ormai - di frequentazione dei lidi abruzzesi. Uno è di sicuro il mio preferito. Lo considero il miglior produttore di arrosticini da cuocere d'Abruzzo, dunque... del mondo. Il Signore delle Pecore è una macelleria con sedi a Pescara e Montesilvano che ha fatto della vendita di carne ovina il suo segno distintivo e la base del suo successo. Ma la cosa di cui volevo veramente parlarvi è la sua piccolissima bottega di ristorazione veloce al centro di Pescara, Bello di Notte. Quello è il posto dove andare se vi trovate nella città marinara d'Abruzzo e volete raccontare agli amici di aver assaggiato il meglio degli arrosticini abruzzesi. È lì che i semplici spiedini della tradizione pastorale si degustano. Sempre che vi accontentiate di sedervi ai pochissimi tavolini all'aperto servendovi da soli e siate disposti ad accompagnarli con vini della tradizione locale nelle loro versioni più semplici, come ho fatto io nell'ultima recente occasione optando per un Montepulciano Masciarelli, tutto sommato dignitosissimo per un robusto pasto all'aperto.
Ah, dimenticavo: un assalto alle carni arroventate condotto da due adulti affamati e tre piccoli lupi, per una cena da levare ogni appetito, non ha superato i 65€ comprese le bevande e gli accompagnamenti. I pastori facevano festa con poco.

La Ribollita



La ribollita è un piatto povero della tradizione toscana, non certo una ricetta originale. Ma è un peccato che manchi sulle nostre tavole nelle giornate più fredde e, visto che le tradizioni si stanno un po' perdendo e che spesso le mie amiche me ne chiedono la ricetta, ho deciso di parlarne comunque. E' uno dei piatti sempre graditi in famiglia. Può, anzi deve, essere preparato in anticipo e "ribollito" al momento di servirlo.



                                                  Ingredienti per 5 persone:

                                                          600g di cavolo nero
300g di cavolo verza
200g di pomodori da sugo
250g di fagioli cannellini secchi
1 cipolla
2 carote
2 coste di sedano
1 porro
un rametto di rosmarino
un rametto di timo
     un rametto di maggiorana
                                                             una fetta di pane del giorno prima per persona
                                                     100 ml di olio evo
                                                        sale e pepe q.b.


Il primo ingrediente di cui dobbiamo occuparci sono i fagioli: teneteli a bagno dalla sera prima, poi, al momento di cuocerli, scolateli, lavateli e metteteli in una pentola con abbondante acqua fredda insieme a una foglia di alloro e a un pezzetto di cotenna di prosciutto. Accendete il fuoco e portate ad ebollizione, continuando la cottura fino a che i fagioli non saranno morbidi. Non lesinate sull'acqua perchè ne servirà per cucinare la vostra ribollita.
Adesso passate ad occuparvi delle verdure.
Lavatele accuratamente tutte quante.
Fate un bel trito di sedano carota e cipolla e mettetelo a soffriggere in olio evo.
Dopo un minuto o due aggiungete la parte bianca del porro tagliata a fettine sottili e lasciate appassire ancora per un paio di minuti.
Tagliate a listarelle la parte iniziale del porro - quella verde - e mettetela da parte - la aggiungeremo alla minestra assieme ai due cavoli.                               

Il cavolo verza: se ne avete comprato uno troppo grande vi consiglio di usare solo le foglie esterne. La nostra ribollita cuocerà a lungo, quindi possiamo tranquillamente usare le foglie più verdi e più dure, che con la cottura diventeranno morbidissime, lasciando il cuore più tenero ad altri piatti preparazione più veloce. Se invece avete una verza piccola trattatela come in foto: tagliate a pezzetti le foglie più esterne e spaccate in 4 il centro, dopodichè affettatelo con un coltello da cuoco.


Il cavolo nero: anche qui la lunga cottura ci consente di usare  la parte finale e più dura della foglia, basta che la tagliate a piccoli pezzetti (1). Tagliate a striscioline il resto della foglia (2).


1                                                    2
Ora le nostre verdure sono pronte per essere aggiunte al soffritto assieme all'acqua di cottura dei fagioli. Prelevatela con un mestolo dalla pentola dove avete fatto cuocere i cannellini e aggiungetela al tegame dove stà andando il soffritto. Aggiungete il cavolo verza, il cavolo nero e il porro.

Aggiungete anche i pomodori da sugo passati al passaverdure o, se preferite, qualche cucchiaio di una buona passata.
Preparate un bel mazzetto di timo e maggiorana e legatelo con uno spago da cucina al manico della pentola. In questo modo gli odori cuoceranno nella minestra ma fine cottura sarà facile estrarli.

Salate a piacere e lasciate cuocere a fuoco basso per almeno due ore, aggiungendo altra acqua di cottura dei fagioli se la ribollita si asciuga troppo.
Verso la fine della cottura aggiungete i fagioli e con un frullatore a immersione frullate una parte della minestra.
Strappate gli aghi ad un paio di rametti di rosmarino e tagliateli finemente, fin quasi a ridurli in polvere e aggiungeteli alla ribollita.
 Mescolate bene e servite in scodelline di coccio assieme ad una fetta di pane tostato.
Se il pane è del giorno prima, le bruschette verranno ancora meglio. Io al posto del pane utilizzo le freselle, ne metto una sul fondo di ogni piatto e ci verso sopra la zuppa bollente.
Condite con pepe e un filo di olio evo a crudo.
Buon appetito!











martedì 3 novembre 2015

Torta salata: radicchio e stracchino o patate e mortadella?



La ricetta di oggi ha lo scopo di testare un prodotto senza glutine già pronto: la pasta sfoglia. 
Io non amo i preparati, quasi mai ne faccio uso, ma la pasta sfoglia, si sa, non è facile da lavorare.  Senza glutine poi, le cose non possono che farsi ancora più difficili. Fino ad ora non avevo mai trovato una pasta sfoglia di buona qualità, ma questa di casa "Belli Freschi" ha avuto invece un'ottima riuscita. Ancora una volta grazie a Valentina del Mondo senza Glutine Boccea per l'ottimo consiglio.
 




 Ingredienti
Una confezione di pasta sfoglia "Belli Freschi" 500g

200g di radicchio trevigiano tardivo
 100g di stracchino
qualche noce sbriciolata
olio q.b.
sale e pepe

100g di mortadella
4 patate di media grandezza
una noce di burro
100ml di latte 
noce moscata
 un tuorlo

 

La confezione di pasta sfoglia Belli Freschi è composta da 4 dischi da 22cm di diametro per 125g ciscuno. Li ho usati per realizzare due torte differenti, mettendo il ripieno tra due strati e chiudendo i bordi.







 Radicchio, stracchino e noci:

Lavate il radicchio e tagliatelo a pezzetti.
Saltatelo in padella con qualche cucchiaio di olio fino a che non risulta ben appassito.
Aggiungete lo stracchino e fatelo sciogliere sul fuoco. Potete usare un goccio di latte per regolare la cremosità del composto.
Aggiungete le noci sbriciolate, salate e pepate.




                              Mortadella e patate:
 
Lessate le patate, pelatele e schiacciatele.
Sminuzzate la mortadella e mescolatela alle patate schiacciate, aggiungendo il latte, il burro e una generosa grattata di noce moscata.
Amalgamate bene assicurandovi che si sciolga il burro.




A questo punto i due ripieni sono pronti. Tuttavia consiglio di passare in forno, per 5 minuti a 180°,  il disco che farà da base alla nostra torta salata da solo, senza il peso del ripieno che  impedirebbe ai vari strati di sfoglia di separarsi e gonfiarsi. 
Cospargete la base parzialmente cotta con il ripieno, coprite con il secondo disco, schiacciate i bordi, spennelate con il tuorlo e infornate per 15-20 minuti, fino a che la superficie del nostro rustico non risulti bella dorata.

Sfornate, fate le porzioni e servite.
Ancora una volta buon appetito!